Lunedì 18 giugno - partenza ore 9.10 Ci
svegliamo sulle 7.30 riposati, la notte è stata tranquilla al contrario
di ciò che avevamo previsto.
C'è ancora un vento molto forte e l'aria è bella fresca. Ci dirigiamo
verso Gevas,la strada è ancora tutta un cantiere, la veduta del lago è
molto bella ma non c'è un punto dove fermarsi per guardare il panorama,
a tratti il tragitto diventa pericoloso perché è in atto lo sbancamento
di un tratto di montagna e non c'è alcuna protezione per le vetture in
transito, anzi in un caso ci fanno star fermi proprio sotto al punto in
cui stanno demolendo. Cinque chilometri prima del paese troviamo
l'imbarco per l'isolotto di Akdamar, qui chiediamo a che ora parte il
prossimo battello, visto che ne abbiamo appena visto partire uno, il
proprietario ci risponde che dipende da quanta gente arriva
(probabilmente attende un numero minimo di persone), noi allora, dato
che sono già le 13.00 circa, decidiamo di mangiare velocemente in camper
e, tenuto d'occhio l'imbarcadero, usciamo quando vediamo trambusto e
saliamo subito a bordo (7,50 lire a persona), la traversata dura 15
minuti e la sosta nell'isola un'ora. Per accedere all'isola dobbiamo
subito pagare 3 lire a persona, saliamo un vialetto e ci troviamo
davanti la bellissima chiesa armena Della Santa Croce, l'antica sede dei
patriarchi armeni, un capolavoro di ricami e bassorilievi in cotto.
Giriamo un po' intorno ed ammiriamo il panorama sul lago. Tornati al
camper ci dirigiamo verso il monte Ararat, costeggiamo il lago e
attraversiamo la città di Van, distrutta dal tremendo terremoto dello
scorso anno della quale non rimane quasi niente, scorgiamo desolanti
vaste aree adibite a villaggi container. Lasciato il lago, saliamo su
una strada tra le montagne dove comincia a fare abbastanza freddo, i
panorami sono vari, a volte sembra di essere in collina, ma invece siamo
a quota 2.000, altre volte sembra di essere sbarcati sulla luna, a volte
si vedono centri abitati composti da casupole di argilla, altre volte si
vedono case moderne alte molti piani. Veniamo fermati a un posto di
blocco dove i soldati ci controllano i documenti, ma la loro è
soprattutto curiosità, ci chiedono infatti della birra, gliene diamo
qualche lattina ci lasciano andare contenti e sbracciandosi in calorosi
saluti. Subito dopo ci appare un panorama spettrale, per alcuni
chilometri il terreno è completamente ricoperto da materiale eruttivo,
questa lava nera, l’assenza di vegetazione e il cielo coperto da
nuvoloni neri contribuiscono a creare un paesaggio extraterrestre.
Inutile dire che la strada continua ad essere pessima e percorsa quasi
esclusivamente da camion, molti con targa iraniana, il nord dell'Iran
dista da qui una quarantina di chilometri. Per la strada, non solo i
bambini, ma molte persone che passano, che stanno lavorando o che
vengono in senso opposto, ci salutano. Poi all'improvviso davanti a noi
ecco l'Ararat con la cima tutta innevata, e, alla vista di questa
maestosità (m. 5165), capiamo che il viaggio fino a qui valeva proprio
la pena. Alle 19.30 arriviamo a Dogubayazit, grande città, dove,
chiedendo spesso indicazioni, troviamo il campeggio Murat (N 39° 31.286'
E 44° 07.552'), alla fine di una strada, che con la poca luce
serale,sembra portare in cielo; si tratta di un bel piazzale dove c'è un
albergo/ristorante, le giostre (non in funzione), i servizi e
l'elettricità e l'acqua (lire 10 a notte) qui troviamo già altri due
camper. Bisogna coprirsi perché fa freddo e soffia un forte vento.
Chilometri percorsi 352 |